Nomina dell’Ing. Sandro Buzzi a Socio Onorario AICAP

Si riporta la motivazione con cui è stata conferita all’Ing. Sandro Buzzi la Medaglia di Socio Onorario dell’Associazione in occasione delle Giornate A.I.C.A.P. 2011 di Padova il giorno 19 maggio 2011, a cura del Consigliere Delegato AITEC dott. Giuseppe Schlitzer

 

Desidero ringraziare il Prof. Sanpaolesi, Presidente dell’AICAP, per avermi concesso l’opportunità – e l’onore – di presentare oggi il Cav. del lavoro Sandro Buzzi in occasione della sua nomina a Socio Onorario.

 

Sandro Buzzi è una figura carismatica per il settore che io rappresento, quello del cemento. Notoria è la sua forte propensione a ricercare e sperimentare nuovi soluzioni e tecnologie, anche nel campo dell’ingegneria strutturale, alla continua ricerca delle migliori applicazioni per il calcestruzzo.

 

Laureatosi in Ingegneria chimica, Sandro Buzzi entra nel gruppo di famiglia (F.lli Buzzi) nel 1956 e progetta impianti innovativi contribuendo a far conoscere l’azienda all’estero. Diventa Direttore tecnico nel 1965, Amministratore delegato nel 1971 e infine Presidente nel 1977, quando l’azienda è già un gruppo multinazionale (Gruppo Buzzi).

 

Il grande salto avviene però tra il 1997 e il 1998 con l’acquisizione della Unicem, che porterà l’azienda ad una capacità produttiva di circa 15 milioni di tonnellate di cemento l’anno.

 

Un altro passaggio  importante, sempre sotto la guida di Sandro Buzzi, avviene nel 2002 con l’acquisizione della Dyckerhoff AG, azienda leader in Germania e settimo produttore mondiale di cemento. Con quest’ultima acquisizione il gruppo (Buzzi Unicem SpA) diventa un colosso da 3,5 miliardi di euro di fatturato, oltre 40 stabilimenti sparsi per il mondo, 12.000 dipendenti.

 

Nonostante le dimensioni raggiunte e il costante apporto di nuove managerialità, il gruppo resta fondamentalmente un’impresa a proprietà familiare, radicata nel territorio di origine, che ha fatto della modernizzazione costante dei processi produttivi e della sostenibilità ambientale e sociale le proprie bandiere.

 

Sono queste, del resto, le caratteristiche che accomunano le nostre imprese di maggior successo, quelle che hanno fatto e fanno grande l’industria italiana nel mondo. Per questo Sandro Buzzi è un esempio emblematico della migliore imprenditorialità di cui il nostro Paese dispone.

 

 

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Nel breve tempo che ho a disposizione per questa presentazione, mi concentrerò su un aspetto meno noto della vita di Sandro Buzzi, ossia sul contributo che egli ha dato allo sviluppo della vita associativa nel settore del cemento, sia in Italia che all’estero. Un compito che ha svolto – dapprima come Presidente dell’AITEC e poi come Presidente di CEMBUREAU – con grande dedizione.

 

Del resto per Sandro Buzzi  «la spirito associativo […] non è un termine vago. E’ la presa di coscienza – da parte dei Capi Azienda – che l’interesse aziendale vero “passa” per l’interesse del settore» (Relazione del Presidente, luglio 1997).

 

Sandro Buzzi è stato Presidente di AITEC per circa 10 anni, dal 1988 al 1998. Un periodo lungo quanto ricco di avvenimenti per l’industria del cemento. A cominciare dal passaggio, nel marzo del ’93, dal regime di prezzo amministrato, «ultimo residuo di assistenzialismo industriale» (cfr. Relazione del Presidente, 1993), a quello di prezzo libero.

 

I primi anni ’90 sono anni drammatici per il nostro Paese, sia per l’insorgere di una gravissima crisi economico-finanziaria, sia per lo scoppio di Tangentopoli, che avrà pesanti ripercussioni sul mercato edilizio.

 

E’ curioso che lo scenario di allora sia non dissimile da quello di oggi: un ridimensionamento preoccupante del mercato del cemento, destinato a perdurare nel tempo, e un livello dei prezzi in Italia che è di molto inferiore a quello praticato nel resto d’Europa, anche del 50%.

 

Il mercato del cemento diventa, quindi, “libero” nel momento peggiore della storia economica del dopoguerra. La concorrenza tra i produttori si fa agguerrita. Pressante è poi il problema, all’epoca molto sentito, delle importazioni dall’estero, che arrivano a rappresentare l’8% del mercato (quasi il doppio del livello attuale).

 

E’ proprio in questi momenti difficili – ieri come oggi – che lo spirito associativo subisce grandi tensioni, tende a deteriorarsi. Buzzi si oppone con fermezza a questa tendenza: «E’ un grave errore  – egli afferma in occasione della Relazione Annuale del 1995 – indebolire nei tempi difficili la casa comune, considerarla come un’appendice fastidiosa e costosa, cercare di ridurre verso di essa l’impegno umano e finanziario. Al contrario l’AITEC va rafforzata con convinzione e considerata il segno tangibile delle cose che ci legano, più che sentita come una struttura magari ricca di tradizione ma in progressivo svuotamento di contenuti.»

 

Al rafforzamento di AITEC Buzzi dedica una cura costante negli anni della sua Presidenza.  Le principali innovazioni vengono realizzate già nei primi anni:

-         un taglio più manageriale all’organizzazione, con l’introduzione della figura del Consigliere delegato, del tutto nuova per un’associazione industriale;

-         un rafforzamento della capacità tecnico-economica della struttura con l’inserimento di nuove professionalità;

-         la creazione delle Commissioni consultive e dei gruppi di lavoro, che permettono un coinvolgimento diretto delle aziende associate nell’attività dell’AITEC;

-         la fissazione degli Uffici nelle due sedi attuali: a Roma in Piazza Marconi, a Milano in Assago.

 

L’AITEC di oggi rispecchia in gran parte l’architettura che le volle dare Sandro Buzzi.

 

E’ curioso, almeno per me che sono nuovo del settore, che alcune cose di grande attualità oggi lo fossero già negli anni di Sandro Buzzi Presidente. Mi riferisco al decadimento della qualità e durabilità delle opere in calcestruzzo e dei riflessi sull’immagine dell’industria cementiera.

 

Se all’epoca il problema era da ricondurre al fenomeno Tangentopli, mentre oggi soprattutto alle infiltrazioni dei clan malavitosi, la sua natura non è mutata. Come giustamente osservava Buzzi (Relazione del Presidente, 1995): « Il calcestruzzo è l’unico prodotto derivato dal cemento. Sulla sua confezione e qualità il cementiere non ha controllo, ma su di essa viene giudicato. Nel bene e nel male – per l’uomo qualunque — il cemento si identifica col calcestruzzo»

 

Come affrontare efficacemente il problema resta, tuttora, una questione aperta. Ancora una volta, tuttavia, Sandro Buzzi vedeva nell’associazionismo industriale un ruolo chiave. Nella Relazione del 1989 egli si esprimeva in modo netto nel senso di affidare all’AITEC lo sviluppo e la rappresentanza del calcestruzzo, «“materiale associativo” per eccellenza».

 

Le cose, come sappiamo, prenderanno un indirizzo diverso. Viene infatti di lì a poco fondata l’Associazione tecnico-economica del calcestruzzo preconfezionato, l’ATECAP. Per inciso, la collaborazione tra AITEC ed ATECAP è stata costante nel tempo, pur subendo alti e bassi. Al momento è in fase di progressivo rafforzamento.

 

E’ interessante notare che, negli stessi anni in cui veniva fondata l’ATECAP (89-90), si dibatteva della necessità di istituire una “federazione interassociativa” nell’area dei materiali da costruzione. Essa avrebbe dovuto rappresentare la “casa comune” dove accogliere le altre associazioni operanti in campi affini, con le quali l’AITEC avrebbe utilmente collaborato per migliorare la qualità del prodotto base.

 

Sappiamo che un tale disegno verrà realizzato molto dopo, solo nel 2008, con la creazione di Federbeton: un progetto che è in fase di consolidamento, in coerenza con gli indirizzi più recenti di  Confindustria, volti a dare sempre maggiore evidenza alle filiere produttive nel ruolo di rappresentanza degli interessi.

 

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Non meno importante è stato il ruolo svolto da Sandro Buzzi come Presidente di Cembureau, incarico che ha ricoperto dal giugno 2004 al giugno 2006.

 

E’ utile qui fare un passo indietro, al 1995, che è l’anno in cui l’AITEC diventa membro diretto e unico di Cembureau. Fino ad allora l’Italia aveva rappresentato un’eccezione alla regola, poiché ad essere associati direttamente a Cembureau erano, per tradizione, i tre maggiori produttori di cemento.

 

Per l’AITEC il passaggio è importante ma non indolore, perché il costo associativo è elevato, nell’ordine di 1 miliardo di lire all’anno. Sandro Buzzi si preoccupa di giustificarlo presso gli associati. Prima di altri intravede i benefici di un investimento a lungo termine, il cui ritorno è il progresso in termini di immagine di tutta l’industria cementiera europea. Del resto già da allora le principali decisioni in materia ambientale – sono gli anni in cui la Carbon Tax domina il dibattito in Europa – sono prese a livello comunitario.

 

La nomina a Presidente di Cembureau, a Dublino nel giugno del 2004, è il coronamento della “politica europeista” di Sandro Buzzi, ma si rivelerà presto anche un compito più impegnativo del previsto. La macchina comunitaria è divenuta estremamente complessa e altrettanto complesso è divenuto il linguaggio usato negli uffici della Commissione. Buzzi, che è una fautore della trasparenza nella comunicazione, fa compilare un glossario dei termini e degli acronimi di uso comune a Bruxelles.

 

Il 1 maggio 2004 l’Unione Europea si è allargata a dieci nuovi paesi. Col passaggio da 15 a 25 membri, per la prima volta Cembureau non è più rappresentativa di tutta l’Unione. A parte Malta, che non produce cemento, sono fuori dall’organizzazione la Slovacchia, Ciprio e la Lituania (la Latvia è membro associato). Il primo impegno per il neo-presidente è dunque stabilire subito dei contatti con questi paesi, per evitare che l’influenza di Cembureau sull’industria europea del cemento finisca per diluirsi.

 

La sfida maggiore viene tuttavia dalla fortissima accelerazione nelle politiche ambientali portate avanti della Commissione Europea. Il 1 gennaio del 2005 inizia ad operare il sistema di scambio delle quote di CO2 (Emissions Trading Scheme, ETS). Cembureau è  attenta nel monitorare e segnalare alle autorità europee i riflessi del nuovo sistema sull’industria del cemento, soprattutto quelli indiretti legati agli aumenti delle tariffe energetiche. Fondamentale si dimostrerà la conoscenza diretta di Buzzi con l’allora Presidente della Commissione Europea, Romano Prodi.

 

L’agenda vastissima su cui l’organizzazione si trova impegnata, unitamente all’allargamento della membership, rendono presto chiaro che l’assetto organizzativo di Cembureau è inadeguato. Buzzi promuove una profonda riforma della struttura organizzativa, volta sia a rendere l’associazione più partecipativa sia a migliorare l’efficacia della sua azione.  L’attività viene articolata in 5 working group permanenti, che sono oggi il motore principale di tutta l’organizzazione.

 

E’ anche grazie a questa riforma se Cembureau è rimasta al passo con i tempi, se la sua azione si è mantenuta efficace di fronte ad un contesto decisamente più complesso ed articolato che in passato.

 

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Riserverò le mie ultime considerazione al tema dell’utilizzo dei rifiuti nelle cementerie, di cui Sandro Buzzi ha fatto un cavallo di battaglia.  Anche in questo caso farò un passo indietro nella storia.

 

Nel 1993 il Ministero dell’Ambiente emette delle “norme tecniche generali in materia di utilizzo dei rifiuti’, sia urbani che industriali, da usare nei processi di combustione. L’impressione che si ricava dall’emanazione di questo provvedimento (decreto 11 novembre 1993) e dai documenti storici è che, all’epoca, il Ministero dell’Ambiente fosse genuinamente interessato a sapere in che misura l’industria cementiera italiana era disposta a utilizzare rifiuti come combustibile. Di contro, i cementieri – con l’unica eccezione della Buzzi-Unicem – sono molto cauti, più negativi che positivi di fronte a tale opportunità.

 

Sappiamo oggi come la situazione si sia praticamente ribaltata. Da un lato c’è l’industria cementiera al completo che ha interesse ad aumentare significativamente la percentuale di rifiuti utilizzati come combustibile, attualmente tra le più basse in Europa (6%). Dall’altro vi è una pubblica amministrazione reticente, a livello sia centrale che locale.

 

E’ superfluo dire che siamo di fronte a un vero paradosso. L’Italia ha la bolletta energetica tra le più care al mondo e ha enormi problemi di smaltimento dei rifiuti. L’industria del cemento è costretta a importare a prezzi salati il combustibile usato nei propri stabilimenti, quando potrebbe impiegare rifiuti trattati, con un miglioramento non solo sul lato dei costi ma anche su quello delle emissioni.

 

I rifiuti solidi urbani contengono un potenziale energetico considerevole: pari a tutto l’idroelettrico italiano, a 20 milioni di tonnellate di carbone, a 14 milioni di tonnellate di petrolio.

 

Da sempre la Buzzi-Unicem è all’avanguardia in questo campo. L’azienda brucia rifiuti sin dai primi anni ’80. Lo stabilimento di Robilante, che è uno dei più avanzati in Europa, coincenerisce circa 60.000 tonnellate all’anno di CDR prodotto a partire dai rifiuti dei 54 comuni della provincia di Cuneo. Il sito è stato recentemente autorizzato ad aumentare tale quantità a 100.000 tonnellate all’anno.

 

Dai laboratori Buzzi Unicem è uscito, nel maggio 2010, un CDR speciale prodotto a partire dai rifiuti indifferenziati e con una ‘pezzatura’ molto più piccola del normale. Il suo nome, coniato da Sandro Buzzi in persona, è ‘carbonverde’ (CBV). Il CBV permette – già oggi – di utilizzare fino al 95% dell’indifferenziata per produrre energia, permettendo di ridurre drasticamente il ricorso alle discariche.

 

Sandro Buzzi ha percepito per primo le enormi potenzialità dell’utilizzo dei rifiuti, non solo al fine di migliorare l’efficienza produttiva nelle cementerie ma come politica per il Sistema Paese. Ha sempre considerato interesse e compito dell’AITEC valorizzare la funzione sociale delle cementerie nel campo del recupero dei rifiuti.

 

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Spero con queste mie brevi considerazioni di aver messo ancora più in luce il fondamentale contributo che Sandro Buzzi ha dato all’industria del cemento e alle sue applicazioni. Contributo che viene oggi giustamente premiato con la nomina a Socio Onorario dell’AICAP.

 

 

 

 

Roma, 19 maggio 2011

 

Giuseppe Schlitzer

Consigliere Delegato AITEC